lunedì, marzo 08, 2010

Non procrastinare


"Sulle Montagne Nevose vive un uccello chiamato Kankucho (="uccello-che-soffre-il-freddo") che la notte si lamenta, torturato dal freddo pungente, e decide che la mattina seguente si costruirà il nido. Ma quando si fa giorno, se ne dimentica e dorme riscaldato dai tiepidi raggi del sole del mattino. Così senza costruirsi il nido, continua a lamentarsi vanamente per tutta la vita.
Lo stesso è vero per le persone. Quando cadono nell’inferno e soffocano tra le sue fiamme, desiderano rinascere come esseri umani e giurano di rinunciare a tutto per servire i tre tesori e ottenere l’Illuminazione nella prossima vita. Ma, nelle rare occasioni in cui capita loro di rinascere sotto forma umana, i venti della fama e della fortuna soffiano violenti e la lampada della pratica buddista si spegne facilmente."
(da "Lettera a Niike", Scritti di Nichiren Daishonin, volume 4, pagine 245-6)
Quando ci troviamo nella sofferenza, nel momento stesso in cui affrontiamo problemi, malattie e quant'altro, ci ripromettiamo di praticare con decisione per affrontare con il giusto spirito le difficoltà e sconfiggerle. Sappiamo che gli eventi minacciano di soffocarci, che lo sconforto è in agguato e, ricordando la sensazione di coraggio, libertà e leggerezza che la recitazione di Nam-Myoho-Reng-Kyo può regalarci, desideriamo sederci davanti al Gohonzon e pregare. Poiché non sempre è possibile farlo immediatamente nel corso della giornata, decidiamo di praticare la mattina seguente, di dedicare l'indomani un pò più di tempo al Daimoku - proprio perché ne sentiamo il bisogno! Però, il giorno dopo, quando ci dobbiamo svegliare - magari alzandoci prima per avere la possibilità di praticare di più - non ce la sentiamo, e rimandiamo... A me capita. Mi dico: sono già stressato, perché aggiungere uno stress in più? In fondo è più saggio riposarmi, dormire, recuperare: così potrò affrontare meglio le cose! In effetti ciò è giusto e bisogna tenere conto della stanchezza, dei ritmi biologici, del bisogno di dormire. Il sonno è un grande terapeuta. Però è anche vero che, in certi periodi, le circostanze vanno affrontate con forza e disciplina: a volte è meno stressante fare uno sforzo fisico e disciplinare, piuttosto che trascinarsi nella vita con uno stato vitale basso, depresso o scoraggiato. Quando avvertiamo che il Samsara ci trascina via e che il fiume degli eventi esterni o interni ci allontana, per così dire, da noi stessi, allora io penso che sia meglio un atto di sfida, di coraggio, subito, qui-ed-ora, senza aspettare momenti migliori. Mi sembra che perfino un piccolissimo sforzo concreto per recuperare forza e serenità possa dare grandi risultati, spesso immediati. Già l'atteggiamento determinato di recitare Daimoku, anche se ci risulta difficile per vari motivi, anche se non riusciamo a sentire la "fede" necessaria, opera un sensibile cambiamento mentale, un mutamento che poi - lo sappiamo - si ripercuote sulle circostanze interne ed esterne. In fondo è semplice, è tutto qui: alzarsi (in tutti i sensi, anche metaforici) e praticare. Il resto viene dopo e... in forma migliore!