lunedì, novembre 14, 2005

La voce pura e penetrante.


"La voce pura e penetrante svanisce [nell'epoca successiva alla morte del Budda], mentre, assumendo una forma nei caratteri scritti, può portare benefici agli esseri umani."

Da "L'apertura degli occhi di immagini dipinte o scolpite" (Gli scritti diNichiren Daishonin, vol. 6 pag. 23, ed. Esperia)

La ‘voce’ è collegabile concettualmente con il ‘logos’ della filosofia occidentale, con in più i significati di insegnamento e di potere creativo: nelle antiche culture la parola ha una caratteristica magica e mantrica, capace di creare, di concretizzare il pensiero, di dargli una veste tangibile attraverso il suono. Nella filosofia indiana in particolare, il suono - shabda - è correlato con il primo degli elementi ed è il fondamento di tutto l’universo manifesto: appartiene infatti all’Akasha, alla sub-stanzia eterica dell’esistenza. Per l'induismo il Pranava, l’OM, è la vibrazione sonora primordiale che sta alla radice della creazione cosmica. Nel buddismo di Nichiren Daishonin è il Daimoku – Nam Myoho Renge Kyo – a rappresentare la realtà fondamentale e la Legge che sottende ogni fenomeno, come anche i cicli di manifestazione ed evoluzione della coscienza.
Essendo ogni cosa soggetta a nascita e morte, ad ascesa e a declino, anche la voce del Budda, cioè l’Insegnamento, con il trascorrere delle epoche si affievolisce, cioè non viene più compresa o riconosciuta: è il declino del Dharma, il Kali Yuga, l’Era Oscura, nel buddismo giapponese Mappo – l’Ultimo Giorno della Legge. Quando la voce del Budda non viene più percepita, dice Nichiren, c’è ancora una possibilità di entrare in contatto o in risonanza con essa: attraverso i ‘caratteri scritti’, cioè – in questo caso – gli ideogrammi. Essi sono una concretizzazione tangibile e visibile del pensiero, dell’intenzione. Così il Daishonin dichiara altrove di aver trascritto la sua vita in sumi (inchiostro), cioè di aver tracciato nel Gohonzon la mappa del suo percorso e della sua illuminazione, come anche – nella sua convinzione – l’intendimento profondo del Budda Shakyamuni e del Sutra del Loto. La scrittura, senza entrare nello specifico degli ideogrammi in sé (che meriterebbero una trattazione a parte per la loro caratteristica di espressione simbolica delle idee), è incidere nella materia il pensiero, la voce, il logos. Da quella traccia, incisione o scultura si può ritrovare lo spirito originario di chi l’ha prodotta. Durante l’epoca oscura e materialista, Mappo, nella materia stessa, nella forma, si ritrova il segnale dell’ulteriore, della ‘voce chiara e penetrante’.

Il calice di diamante.


"I cinque caratteri di Myoho-renge-kyo, il cuore dell'insegnamento Honmon del Sutra del Loto, contengono tutti i benefici delle pratiche e delle azioni meritorie di tutti i Budda nelle tre esistenze. Come possono quindi questi cinque caratteri non includere i benefici ottenuti osservando tutti i precetti? Una volta abbracciato questo perfetto mistico precetto, un praticante non può romperlo, nemmeno se volesse. Perciò è chiamato il precetto [del calice] di diamante"
Da "L' insegnamento, la pratica e la prova" (Gli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 6, pag. 219, ed. Esperia)
Perché Nichiren dice che i 'cinque caratteri' del Daimoku contengono "tutti i benefici delle pratiche... di tutti i Budda delle tre esistenze"? Non è un'affermazione esagerata? Innanzitutto vorrei riflettere su questo: quali sono i benefici di cui stiamo parlando? In realtà il vero beneficio, il beneficio supremo del Budda non è altro che l'Illuminazione, lo scopo principale di tutta la pratica. Ogni altro scopo non è che un aspetto, una fase verso quella visione rinnovata e felice, quella integrazione con sé stessi e con la vita che chiamiamo Illuminazione. Tradizionalmente si ritiene che un risultato tanto alto sia ottenibile solo mediante una lunga serie di sforzi, di sacrifici ascetici, con l'osservanza di regole morali, igieniche, tecniche meditative, eccetera. Al termine di questo difficile percorso, tanto lungo da sembrare infinito, si giungerà alla dimensione immutabile, eterna, fuori dal tempo, si giungerà a... capire la vita e la morte. Tuttavia c'è una incongruenza in questa concezione: l'Illuminazione sembra essere qualcosa fuori dal tempo, mentre gli sforzi per arrivarci sembrano essere interamente nella dimensione temporale del divenire. Può qualcosa che 'diviene' approdare alla dimensione dell'Essere? L'Essere 'è', e per definizione si situa al di fuori di ogni ottenimento, dell'avere, del possedere - se non esistesse già non si potrebbe mai e poi mai raggiungere attraverso un processo di acquisizione graduale! Dunque, ciò che crediamo di ottenere è con noi da sempre e per sempre: tutta la ricerca dell'Illuminazione non è che il tentativo di trovare qualcosa che è già e di cui non siamo consapevoli. Per questo motivo, poiché secondo Nichiren 'Nam-Myoho-Renge-Kyo' esprime compiutamente l'Essere e il Risveglio del Buddha, esso contiene il beneficio di tutti i percorsi ascetici, di tutte le ricerche interiori - cioè l'Illuminazione stessa. Una volta che questo "perfetto mistico precetto" viene accolto, anche soltanto in parte, non potrà mai essere abbandonato o disatteso, perché esso è in sé coscienza, quindi rappresenta l'apertura ad un livello superiore di esperienza, dal quale non si può più tornare, non si può mai regredire, perché è. Attingendo al Daimoku, si beve ad un calice indistruttibile, si assimila qualcosa nel profondo. Un "calice di diamante"... è proprio il caso di riconoscere, qui, la validità profonda degli archetipi: non viene, infatti, da pensare subito al Graal e alla sua Cerca, archetipo occidentale della ricerca dell'Illuminazione?